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Angelucci-Wikimedia: perché dire no ad ogni censura preventiva

Guido Scorza

26.05.2010 – Giampaolo Angelucci, da Repubblica.itUn articolo su Repubblica.it - uno degli ultimi del genere se il DDL c.d. intercettazioni dovesse passare - racconta dell’epilogo - anche se non definitivo - di una fase importante della lunga vicenda giudiziaria che vede contrapposti gli Angelucci (Giampaolo ed Antonio) alla Corte dei Conti in relazione ai forti dubbi da quest’ultima avanzati circa la legittimità delle modalità attraverso le quali i primi avrebbero gestito il proprio impero sanitario ai danni - parrebbe - dell’erario.

I magistrati contabili, infatti, seocndo quanto si apprende dall’articolo avrebbero chiesto il sequestro di sei cliniche, parte dell’impero degli Angelucci.

La vicenda potrebbe essere lasciata cadere sotto silenzio o, almeno, rimanere estranea alle pagine di questo blog se non fosse che i due Angelucci sono gli stessi che nel luglio 2009 citarono in giudizio la fondazione Wikimedia, in quanto, a loro dire, editore della nota enciclopedia Wikipedia, chiedendone la condanna ad un risarcimento pari a 20 milioni di euro per una presunta - ma sin qui non accertata - diffamazione perpetrata attraverso la pubblicazione nella relativa voce di alcuni riferimenti proprio alla vicenda della quale oggi si parla sulle pagine di Repubblica.

Quanto scritto su Wikipedia, quindi, forse non era tanto lontano dal vero…

Il punto, tuttavia, è un altro ed è per questo che trovo importante discuterne in questa sede.

A seguito della richiesta risarcitoria, Wikimedia ritenne di “auto-oscurare” la relativa voce che, infatti, è ancora oggi non raggiungibile benché, probabilmente, contenga il riferimento a fatti e notizie meno gravi per gli Angelucci di quelli ora pubblicati su tutti i principali quotidiani online.

E’ una storia straordinariamente simile a quella consumatasi qualche mese fa sulla piattaforma di annunci Bakeca: un giudice ipotizza una responsabilità del gestore e questo, non potendo porre a rischio la sua intera attività, sacrifica - senza attendere qualsivoglia accertamento giurisdizionale circa l’ipotesi accusatoria - un’intera sezione da milioni di annunci e contatti pur di continuare ad andare online, dando voce a milioni di cittadini.

Nei prossimi giorni, prima attraverso il comma 28 del famigerato DDL intercettazioni e, quindi, attraverso il c.d. Codice di autodisciplina, potrebbero “entrare in vigore” nel nostro Paese due importanti strumenti in grado di determinare la rimozione preventiva di contenuti pubblicati online dagli utenti.

Nel primo caso tale risultato potrebbe registrarsi per effetto dell’obbligo di rettifica che il Parlamento sta per imporre a tutti i gestori di siti informatici (da Wikimedia all’ultimo dei blogger) mentre nel secondo il medesimo risultato sarà ottenuto attraverso l’intermediazione degli operatori di internet che stanno per obbligarsi - aderendo alla cortese richiesta loro formulata dal Governo - a rimuovere ogni contenuto illecito dietro semplice segnalazione e senza coinvolgere nel processo di rimozione del contenuto chi ha proceduto al suo upload.

Ogni forma di rimozione preventiva di contenuti dallo spazio telematico - specie se non disposta da un’Autorità giudiziaria - costituisce un’inaccettabile forma di limitazione della nostra libertà di manifestazione del pensiero.

 

[da GBLOG del 25 maggio 2010]


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