L'arte di strisciare
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Perché la Società Pannunzio ha denunciato Feltri all'Ordine dei giornalisti

Società Pannunzio

09.02.2010 – La Società Pannunzio nel settembre del 2009 decise di presentare un esposto all’Ordine dei giornalisti di Milano contro il direttore del “Giornale”, Vittorio Feltri per gravi violazioni della deontologia così come è regolamentata dal codice deontologico. La Società Pannunzio in tutti i suoi documenti ha sempre sottolineato le sue riserve nei confronti dell’esistenza stessa dell’Ordine dei giornalisti, ma questo, finché non sarà abolito, ha il dovere di far rispettare le regole della professione giornalistica. Noi lo pretenderemo. L’Ordine ha accolto il nostro esposto e ci ha chiesto una descrizione più dettagliata della nostra denuncia. Pubblichiamo i due testi qui di seguito, accompagnandoli dall’avvertenza che non era , né è, nostra intenzione entrare nella polemica politica a favore o contro Boffo o la Chiesa cattolica. Noi abbiamo solo sottolineato che è stato pubblicato un documento dal “Giornale” indicandone ripetutamente una fonte diversa dalla vera. Ingannando così, lettori e l’opinione pubblica, con gravi conseguenze. Ugualmente la nostra richiesta di chiarimento (non un esposto) sull’attività, sempre sul “Giornale”, di Renato Farina, recentemente espulso dall’Ordine, non aveva alcuna intenzione di limitare in alcun modo la libertà di espressione dell’ex-spia del Sismi, bensì di distinguere tra attività giornalistica e dichiarazione del proprio pensiero. Una delle tesi della Società Pannunzio in difesa dei diritti dei lettori, infatti, sostiene che chi legge un giornale abbia diritto di sapere se l’articolo è stato scritto da un giornalista o, come in questo caso, da un parlamentare.

 

 

Roma 16 settembre 2009

La “Società Pannunzio per la libertà di informazione” presenta un esposto all’Ordine dei giornalisti di Milano contro Vittorio Feltri, direttore del “Giornale”, per le minacce contenute nell’articolo “Il Presidente Fini e la strategia del suicidio lento” pubblicato su “Il Giornale” del 14 settembre 2009. Ugualmente la “Società Pannunzio per la libertà di informazione”, denuncia Vittorio Feltri per la pubblicazione di un documento anonimo di cui viene falsificata la provenienza (“Giornale”, 28-8-09), avendo egli così palesemente violato sia il Codice deontologico sia la legge costitutiva dell’Ordine là dove nell’art.48 prevede un procedimento disciplinare per i giornalisti che si “rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale”.

Dopo aver premesso che ogni espressione del proprio pensiero deve essere garantita comunque a tutti i cittadini, si richiede altresì dall’Ordine un parere-giudizio sulla legittimità che un ex-giornalista, tale Renato Farina, alias “Betulla”, radiato recentemente dall’Ordine, continui a svolgere lavoro giornalistico di routine e da corrispondente sempre sul “Giornale” diretto da Feltri.

 

Roma 15 dicembre 2009

In riferimento alla Sua richiesta di una informativa sull’esposto da me presentato in quanto portavoce della Società Pannunzio per la libertà d’informazione, mi concentro soprattutto sul caso Feltri-Boffo. La ragione del nostro esposto sta nel fatto che il Direttore del “Giornale nuovo” il 28 agosto di quest’anno inaugurò una campagna di stampa contro il Direttore dell’”Avvenire”, Dino Boffo, sulla base di due documenti, uno sommario, di provenienza del Tribunale di Terni e un altro anonimo (probabilmente di provenienza dei servizi segreti) molto dettagliato. Il “Giornale” indusse in errore i suoi lettori e tutta l’opinione pubblica italiana attribuendo anche il secondo documento al Tribunale. Anche se il falso era evidente per il linguaggio da caserma che adoperava. Feltri insistette provocando, tra l’altro, le dimissioni di Boffo da Direttore dell’”Avvenire”.

Dopo tre mesi lo stesso Feltri sul suo “Giornale” (4 -12-’09) ci ha comunicato

1)      che Dino Boffo è “giornalista prestigioso e apprezzato”, che ha tenuto “atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione”. Ricordiamo che pur di sostenere la bontà delle sue carte Feltri aveva scritto: “Però il molestatore [Boffo], per favore, la smetta di negare e di strillare che il Giornale si è costruito in casa un dossier bugiardo. Finora qui di bugiardo c’è solo lui” (2-9-09).

2)      che in effetti “La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali”. Non solo, ma che “Da quelle carte, Dino Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali, tantomeno si parla di omosessuale attenzionato”. Però Feltri aveva scritto nel suo primo articolo del 28 agosto: “Non lo affermiamo noi in base a chiacchiere raccolte in portineria, ma il Tribunale di Terni. Ecco che cosa risulta dal casellario giudiziale (riportiamo letteralmente): «Il dottor Dino Boffo è stato condannato con sentenza definitiva con patteggiamento a una ammenda per molestie alle persone ai sensi dell’art. 660 c.p.. La condanna è stata originata da più comportamenti posti in essere dal prefato in Terni dall’ottobre 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’Autorità Giudiziaria, si è constatato il reato. Il Boffo è stato querelato a suo tempo da una signora di Terni, destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla onde lasciasse libero il marito con il quale aveva una relazione omosessuale”.

Ora lo stesso Feltri sembra ammettere che questa lunga citazione con tanto di “riportiamo letteralmente” e di “casellario giudiziale” è di origine non giudiziale e contiene notizie e giudizi errati che trovavano la loro forza proprio dalla autorevolezza della fonte falsamente attribuita. Ma già il 3 settembre 2009 l’“Avvenire” aveva pubblicato una memoria in 10 punti in cui aveva precisato i fatti e aveva fatto notare: “1) Boffo 'noto omosessuale' e protagonista di una 'relazione' con un uomo sposato segnalata in atti del Tribunale di Terni. Questo è stato affermato dal 'Giornale' sulla base di una lettera anonima diffamatoria, definita falsamente 'nota informativa' di matrice giudiziaria e fatta altrettanto falsamente assurgere addirittura alla dignità di risultanza 'dal casellario giudiziario' che in realtà, come ogni altro atto del procedimento, non conteneva alcun riferimento alle 'inclinazioni sessuali' e a 'relazioni' del direttore di Avvenire. Lo ha confermato il gip di Terni Pierluigi Panariello il 31 agosto: Nel fascicolo riguardante Dino Boffo non c’è assolutamente alcuna nota che riguardi le sue inclinazioni sessuali”.2) Boffo 'attenzionato' dalla Polizia di Stato per le sue 'frequentazioni'. Anche questa affermazione, grave e ridicola al tempo stesso, è tratta non da atti giudiziari ma dalla stessa lettera anonima che il 'Giornale' ha utilizzato per il suo attacco a Boffo. La schedatura e' stata smentita dal ministro dell'Interno dopo pronta verifica fatta compiere nella struttura centrale e periferica della pubblica sicurezza”. Fin qui  l’”Avvenire”. Neppure dopo queste precisazioni Feltri modificò la sua linea e celebrò il superamento della soglia delle centomila copie del suo “Giornale”, ovviamente tutti lettori che oggi sono stati informati (molto malamente) dal loro Direttore di essere stati presi in giro per giorni e giorni.

Oggi Feltri ancora non riconosce di aver compiuto una scorrettezza circa le fonti, ma solo la carenza delle stesse. Infatti Feltri in una dichiarazione riportata dall’”Avvenire” aggiunge che “soltanto negli ultimi giorni il nostro condirettore Alessandro Sallusti ha avuto la possibilità di dare una sbirciatina alle carte secretate e ha verificato che non si parla di «omosessuale attenzionato»”. Ma la questione non riguarda le carte secretate ma esclusivamente la pubblicazione di notizie attribuite a una fonte falsa. Credo che sia deontologicamente scorretto verificare la notizia dopo tre mesi e attribuire un documento di cui si è in possesso a una fonte diversa dalla vera.

Feltri, nella titolazione, dichiara “chiuso “ il caso. Ma chiuso non è. Ha ragione il Comitato di redazione dell’”Avvenire”: “Le scuse pubbliche pubblicate sulla prima pagina del Giornale, tuttavia non riparano completamente ai danni subiti non solo da Boffo ma anche da un metodo di informazione corretta fondata sui fatti, e non cancella le responsabilità di chi conduce battaglie mediatiche con mezzi tutt'altro che limpidi”. Il caso non è chiuso perché se la retromarcia può soddisfare Boffo (non lo sappiamo) rimane aperta una questione importantissima: da una parte c’è una sperequazione enorme e incolmabile tra le prime pagine del “Giornale” che per giorni e giorni sono state dedicate alla vicenda Boffo (nonché 4980  ricorrenze sul dito del “Giornale”e lo striminzito articoletto di smentita (con rimando a una pagina sbagliata). Boffo avrà ricevuto dei gravi danni, ma il danno inferto ai lettori, all’opinione pubblica e alla credibilità superstite del giornalismo italiano, causato da un comportamento – secondo noi – deontologicamente scorretto è incommensurabile.

Circa la nostra domanda sulla questione Farina (alias Betulla), sappiamo bene che il “giornalista” è stato radiato dall’Ordine, ma facciamo notare che egli continua un lavoro giornalistico non solo da editorialista ma da inviato speciale. Per esempio, non si limita all’impegno legittimo di commentatore ma lavora da resocontista nei convegni. E facciamo notare il conflitto di interessi (sappiamo non compete all’Ordine ma che è rivelatore di quanto sia inquinata la stampa italiana), che grottescamente ha visto protagonista proprio Farina che ha presentato un’interrogazione parlamentare* sul caso Boffo di cui egli stesso era commentatore e figura di spicco sul “Giornale”.

 

(*) NOTA: riteniamo doveroso precisare che l'interrogazione parlamentare attribuita a Renato Farina invero non risulta essere stata presentata. In effetti non fu un’interrogazione ma una nota ufficiale rilasciata da Farina assieme con l’onorevole Riccardo Mazzoni, in qualità di “membri della direzione nazionale del Popolo della Libertà”, come da agenzia riportata in calce. Il conflitto di interessi tra il parlamentare Farina e il giornalista Farina, dunque, rimane intatto.

 

  • Lancio dell'agenzia Adnkronos del 28 agosto 2009

    EDITORIA. MAZZONI E FARINA (PDL): VERGOGNOSO ATTACCO A FELTRI. HA SMASCHERATO IL MORALISMO SENZA MORALE

    Firenze, 28 agosto 2009.  «L'attacco concentrico che si è scatenato in queste ore contro Vittorio Feltri e il Giornale è assolutamente vergognoso. Feltri ha avuto semplicemente il coraggio di pubblicare una notizia scomoda consegnandola alla valutazione dei suoi lettori, e in questo non c'è nulla nè di deontologicamente scorretto nè di riprovevole». Lo scrivono, in una nota, i deputati Riccardo Mazzoni e Renato Farina, membri della direzione nazionale del Popolo della Libertà. «Era l'ora, anzi, che qualcuno cominciasse a smascherare il moralismo senza morale - proseguono Mazzoni e Farina - che ha pesantemente segnato questa fase politica, squarciando i veli di un'insopportabile 'ipocrisia conformistà e a senso unico. Speriamo che questa sia la bomba che spegne l'incendio dei gossip assurti a strumento di lotta politica ponendo così fine alla stagione dei sepolcri imbiancati del moralismo». (Adnkronos)


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Commento inserito da Spezia Mario il 22.02.2010:
Voglio ringraziarvi del vostro lavoro e degli approfondimenti che fate a favore della libertà e della democrazia che non possono esistere se non vi è trasparenza, coerenza e responsabilità da parte di chi gestisce l'informazione. Vi prego, al proposito di verificare anche il comportamento della libertà ed obiettività di informazione delle testate televisive (con particolare riferimento ai Tg della televisione pubblica)che per quantità di ascolti e di pressione mediatica ha una capacità incisiva di gran lunga superiore alla carta stampata.
Commento inserito da riccardo faucci il 22.02.2010:
Sono d'accordo con le considerazioni sullo stile giornalistico di Feltri e sull'azione davanti al Consiglio dell'ordine. Ma che "ordine" è quello che tutela giornalisti di questa levatura? Gli ordini professionali sono delle lobbies, tendenti per loro natura a difendere i propri iscritti e solo in casi estremi a censurarne i comportamenti. Ma mentre l'ordine degli architetti o dei commercialisti può avere un senso in quanto il loro campo di azione non tocca il delicatissimo diritto all'informazione (un diritto che certo non può essere deferito ad alcun ordine professionale), questo è un esempio di risultati non voluti. Una nota conclusiva sull'atteggiamento di certi libertari. Tempo addietro, l'on Capezzone osservò che il Sindacato dei giornalisti Rai Usigrai era una lobby da estirpare. Ma non mi sembra che estendesse tale giudizio all'Ordine dei giornalisti. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa attualmente.
Commento inserito da Luca Bagatin il 23.02.2010:
"Il Giornale" di Feltri è ormai uno dei pochi organi di stampa che riesco ancora a leggere. Ha sempre e comunque il coraggio di dire le cose come stanno, senza peli sulla lingua, arzigogoli e senza temere querele o denuncie all'Ordine volute dalla legge fascista Codice Rocco del 1924. Su Mario Pannunzio, ribadirei il fatto, che l'unica associazione che storicamente si rifà ai suoi principi ed ideali è il "Centro Pannunzio" di Torino (www.centropannunzio.it), fondato da Arrigo Olivetti, Mario Soldati e Pier Franco Quaglieni che ne è anche attuale presidente. www.lucabagatin.ilcannocchiale.it
Commento inserito da witog il 24.02.2010:
Anziché dissentire, sono contento. L'aver scagliato la prima pietra darà adito a generali ripercussioni e siccome è palese che la stampa (tutta) prediliga influenzare piuttosto che informare, mi auspico che il raggiro che si perpetra costantemente, venga circoscritto. Tuttavia, se una fonte esiste, il fatto che se ne preservi l'anonimato, per me, è irrilevante... Cordialità
Commento inserito da Redazione il 24.02.2010:
@LucaBagatin - Le opinioni sono opinioni, anche se paradossali, i fatti però non vanno distorti per ignoranza o malafede: il codice Rocco è dell'autunno del 1930 (non del 1924) ed è difficile che possa regolamentare denunce (senza la i) che riguardano l'Ordine dei giornalisti che è del 1963. (e.m.)
Commento inserito da Luca Bagatin il 25.02.2010:
Ho fatto confusione, in effetti. Mi riferivo al primo "albo professionale" del '25 che ho erronaeamente definito "Ordine" e confuso con il Codice Rocco. Anche la "i" di denunce è stato un (imperdonabile, è vero) errore. Confermo tutto il resto, dai voi definito "paradossale", ma sul quale non ho ricevuta (altrettanto) puntuale risposta.
Commento inserito da Redazione il 26.02.2010:
La redazione controreplica solo su ciò che ritiene errore di fatto, non sulle opinioni. Che non possono essere che libere, anche quelle paradossali.

 
 
 
 



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