Juan Carlos De Martin
28.06.2011 – A meno di un cambio di direzione dell’ultimo minuto, l’Italia si appresta  a mostrare al mondo come un grande Paese democratico possa distrarsi al  punto da permettere a un’autorità amministrativa, invece che a un  giudice, di decidere cosa è lecito pubblicare.
 Secondo i resoconti di un recente incontro a Roma tra alcuni esponenti  della società civile e il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò,  infatti, l’Autorità si accinge a varare un provvedimento che si  preannuncia a dir poco controverso. In base alle linee guida pubblicate  dall’Autorità in occasione di una consultazione pubblica tenutasi a  inizio anno, l’Agcom vorrebbe istituire una procedura veloce e puramente  amministrativa di rimozione di contenuti online considerati in  violazione della legge sul diritto d’autore. L’Autorità potrebbe sia  irrogare sanzioni pecuniarie molto ingenti a chi non eseguisse gli  ordini di rimozione, sia ordinare agli Internet Service Provider di  filtrare determinati siti web in modo da renderli irraggiungibili  dall’Italia. Il tutto senza alcun coinvolgimento del sistema  giudiziario.
 Anche ammettendo che l’Agcom abbia tali poteri sanzionatori su questa  specifica materia – e ci sono esperti che lo dubitano – e trascurando  per il momento gli aspetti pratici (è in grado l’Agcom di gestire  potenzialmente migliaia di richieste di intervento?), concentriamoci  sulla modalità - amministrativa invece che giudiziaria. Perché il  passaggio da un giudice, in pieno contraddittorio e con tutte le  garanzie del caso, è indispensabile? Perché se alcuni casi di violazione  del diritto d’autore sono relativamente semplici da determinare, la  liceità o meno della pubblicazione di un contenuto genera spesso  considerevoli dubbi anche agli esperti della materia. Il diritto  d’autore, infatti, è di una complessità a volte notevole, come è  possibile riscontrare, per esempio, quanto si cerchi di determinare con  certezza se una certa opera è o non è nel pubblico dominio in un dato  Paese. Inoltre, anche contenuti protetti dal copyright possono essere  utilizzati, con dei limiti, per critica, discussione, insegnamento,  ricerca, eccetera. E’ davvero concepibile che possa essere un organo  amministrativo, per di più con tempi molto stretti, a decidere, per  esempio, se un cittadino possa pubblicare o meno sul suo blog l’estratto  di una trasmissione di informazione televisiva per finalità di  discussione?
 L’Agcom – che pure in passato aveva dimostrato altra sensibilità sul  tema del diritto d’autore online (si pensi, per esempio, all’indagine  conoscitiva pubblicata a inizio 2010) – ha scelto di percorrere, tra  l’altro con una fretta e con modalità che lasciano perplessi, una strada  sbagliata e potenzialmente pericolosa.
 Innanzitutto, la fretta. Alla pubblica consultazione di inizio anno,  infatti, doveva seguire la redazione di una proposta di provvedimento  seguita da una nuova consultazione: che fine hanno fatto queste fasi? E  perché il relatore del provvedimento, il consigliere Nicola D’Angelo,  critico dell’impostazione prevalente in Autorità, è stato esautorato dal  dossier senza preavviso e senza motivazione? Su una materia così  delicata l’assenza di risposte pesa.
 Strada sbagliata perché qualunque materia che riguardi diritti  fondamentali deve passare dal Parlamento. Quindi, che si proponga  eventualmente una legge e che tale legge venga pubblicamente discussa,  come per altro chiesto a febbraio da un’interpellanza urgente a prima  firma del deputato Roberto Cassinelli (PdL) e sottoscritta da 45  parlamentari del Pdl, Pd, Udc, Fli e Lega Nord. In Spagna si è seguita  tale strada: la legge cosiddetta Sinde, dal nome del ministro della  Cultura, che intendeva introdurre un meccanismo simile a quello pensato  dall’Agcom, è stata lungamente discussa in Parlamento, che l’ha infine  bocciata.
 Come ricordato di recente dall’avvocato generale presso la corte di  giustizia europea, Pedro Cruz Villalon, l’art. 52 della Carta dei  Diritti Fondamentali dell’Unione Europea recita: «Eventuali limitazioni  all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente  Carta devono essere previste dalla legge». L’Agcom è ancora in tempo a  fare un passo indietro, lasciando, come è giusto, la parola al  Parlamento.
[pubblicato su LaStampa.it il 28 giugno 2011]

 Argomenti correlati:  Internet, libertà d'informazione, Agcom, censura, diritto d'autore - 
	    
        
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